ASSEGNO DIVORZILE – Convivenza “More Uxorio” e persistenza dell’assegno

Massima: L’instaurazione di una nuova stabile convivenza di fatto non determina la revoca dell’assegno divorzile qualora l’ex coniuge beneficiario risulti anche nell’attualità privo di mezzi adeguati e impossibilitato a procurarseli per motivi oggettivi (Cassazione civile, sez. I, sent. 15249 del 12 Maggio 2022).

Si tratta della conferma di quanto statuito dalle Sezioni Unite della S.C. con la decisione n° 32198 del 2021.

IL FATTO

Il Tribunale di Bari accoglieva il ricorso proposto da Tizio volto alla modifica delle condizioni di divorzio e, specificamente, alla revoca dell’assegno di divorzio disposto a favore di Mevia. Il provvedimento veniva reclamato dalla soccombente, ma la Corte d’Appello rigettava l’impugnazione in ragione della stabile convivenza costituita tra Mevia e Sempronio, accertata in sede di giudizio.

Ciò sulla base del principio, consolidato, secondo cui l’instaurazione da parte del coniuge divorziato di una nuova famiglia, ancorché di fatto, rescinde ogni connessione con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale, eliminando il presupposto per la riconoscibilità dell’assegno divorzile (in tal senso i precedenti della Corte 6855 del 2015 e 2466 del 2016).

Mevia ricorreva, quindi, in Cassazione e – in accoglimento del 4° motivo di impugnazione – la Corte cassava con rinvio il provvedimento impugnato.

La decisione veniva motivata attingendo ai principi enunciati dalle SS. UU. della Suprema Corte nella pronuncia 32198/2021.

IL PRECEDENTE ORIENTAMENTO

Cass. Civ., sez. II^, 3 aprile 2015 n° 6855

Secondo il precedente orientamento, la S.C. affermava che il diritto all’assegno, in seguito all’instaurarsi di una famiglia di fatto (portatrice di valori di stretta solidarietà, di arricchimento e sviluppo della personalità di ogni componente, e di educazione e istruzione dei figli e riconosciuta quale formazione sociale in cui si svolge la personalità dell’individuo, ai sensi dell’art. 2 Cost) o di una stabile convivenza di fatto con altra persona, si estingue automaticamente e per l’intero, cessando per sempre e non prestandosi a rivivere neppure in caso di cessazione della convivenza.

La Corte fondava detto principio sulla valorizzazione estrema del concetto di “autoresponsabilità” dalla cui applicazione discende che la nuova formazione sociale costituita è frutto di una scelta esistenziale libera e consapevole, caratterizzata dall’assunzione piena del rischio di una cessazione del rapporto e, quindi, esclude ogni residua solidarietà post matrimoniale con l’altro coniuge, il quale non può che confidare nell’esonero definitivo da ogni obbligo”.

IL RIPENSAMENTO DELLE SEZIONI UNITE

Cass. Civ. S.U., 5 novembre 2021, n° 32198

IL FATTO

La Corte d’Appello di Venezia riformava la sentenza di primo grado, uniformandosi al dettato della Cassazione in Sent. 6855/2015 ed escludendo l’obbligo di versamento dell’assegno a favore della moglie che, per sua stessa ammissione, aveva intrapreso una stabile convivenza con un nuovo compagno con il quale aveva procreato una figlia.

L’interessata presentava ricorso per la cassazione della sentenza, proponendo quattro motivi di impugnazione, sul secondo dei quali (Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della L. 898 del 1970, nella parte in cui la Corte di appello di Venezia si e’ espressa nel senso che “la semplice convivenza more uxorio con altra persona provochi, senza alcuna valutazione discrezionale del giudice, l’immediata soppressione dell’assegno di divorzile”) si sofferma la S.C.

Le SS.UU. dunque rilevano come nella norma regolatrice (art. 5, comma 10, L. 898/1970) il diritto cessi solo in caso di passaggio a nuove nozze, escludendo che tale principio possa estendersi al caso di insorgenza di una stabile convivenza di fatto per via analogica, trattandosi di situazioni eterogenee.

Affermano, inoltre, che la caducazione integrale dell’assegno sarebbe compatibile con la natura esclusivamente assistenziale dell’emolumento ma non così con la natura compensativo-perequativa del contributo, riconosciuta da Cass. 18287/2018.

Se infatti la natura assistenziale dell’assegno (operante in prospettiva futura) può dirsi sostituita dal diritto/dovere di solidarietà che connota le altre “formazioni sociali” equiparate (convivenza di fatto come regolamentata dalla L. 76/2016), la natura compensativa, che opera per il passato, verrebbe frustrata dalla totale esclusione dell’assegno.

In tal modo, infatti, verrebbero penalizzate le rinunce di un coniuge, condivise con l’altro, ad una carriera professionale – con conseguenti beneficio economico e realizzazione personale – in luogo dell’impegno totalizzante nel ruolo trainante svolto in ambito endo familiare, con apporto determinante alla formazione del patrimonio familiare e personale dell’altro coniuge.

Sulla scorta di tali principi, corredati dalle indicazioni della Corte anche in tema di onere della prova nella sentenza in commento, le SS.UU. cassano la sentenza impugnata con rinvio alla Corte distrettuale di merito.